La Regione vuole dimezzare le Usl venete

Ott 14, 2008

La Nuova Venezia – PADOVA. Otto Usl per sette province. Ancora presto per prendere gomma e matita e ridisegnare l’assetto territoriale della sanità veneta, ma 22 sono troppe. Parola di Giancarlo Galan, che per una volta è d’accordo con il suo capogruppo Remo Sernagiotto, e lo sono Valerio Alberti, coordinatore regionale dei direttori generali delle Usl, e lo è Giancarlo Ruscitti, segretario regionale della sanità veneta. In realtà si stanno valutando costi e benefici e anche il virtuso Veneto immagina un futuro con la cinghia tirata, per cui si prende avanti. Ma ci sarà da ridere, quando arriverà l’ora di scegliere quando e come tagliare e accorpare. Su quesi temi i cittadini si inferociscono e la Lega ci va a nozze. Avrà coraggio Galan di andare fino in fondo?
Sernagiotto immagina una sanità veneta suddivisa per aree omogenee: «Una proposta volta alla semplificazione del sistema attuale, troppo legato all’appartenenza alla singola provincia. Sette, otto, al massimo nove aziende sanitarie territoriali che abbiano ognuna un bacino d’utenza di 500 o 600 mila cittadini. Ciascuna con un ospedale di riferimento che possa garantire prestazioni eccellenti. Un esempio? Il quadrilatero Cittadella, Bassano, Castelfranco ed Asolo rappresenta un’area omogenea. Che senso ha poi – prosegue Sernagiotto – che una realtà come San Donà debba riferire all’ospedale di Mestre, a decine di chilometri di distanza?». Un progetto che potrebbe diventare norma regionale entro il 2010 per poter dare il via ad una riforma epocale della sanità veneta: un risparmio di milioni di euro da reinvestire nella cura delle malattie cronico-degenerative, le patologie dell’anziano.
La Regione ha espresso la volontà di ridisegnare la mappa delle Usl: una riorganizzazione volta al ridimensionamento delle venticinque aziende sanitarie venete, 22 usl, 2 aziende ospedaliere e Iov, è alle porte. Lo stesso Giancarlo Galan, presidente della Regione, dopo aver annunciato che nel 2009 non verranno reinseriti i ticket sanitari ha definito «una buona idea» ritoccare il numero delle aziende sanitarie venete al ribasso.
«La provincia di appartenenza non sarà più un elemento discriminante – ha chiarito Giancarlo Ruscitti, segretario regionale alla sanità – vi sarà una ristrutturazione dei servizi basata su attrattive e richieste degli utenti. Ma nessuno metterà mano alle due aziende ospedaliere il cui assetto non verrà modificato in alcun modo».
Valerio Alberti, coordinatore dei direttori generali veneti, accoglie benevolmente la proposta: «E’ necessario uno studio ed una valutazione della giusta dimensione di un’azienda sanitaria. Se è sottodimensionata il rischio è quello di vedere lievitare le spese di gestione e di rendere difficoltosa l’implementazione delle politiche sanitarie su larga scala. Per converso un’azienda troppo grande rischia di risultare ingessata nelle procedure decisionali e, per assurdo, di avere costi di gestione ancora più elevati di una piccola azienda. E’ necessario uno studio attento per valutare quale sia la dimensione massima che può raggiungere una Usl perché ottenga il risultato migliore mantenendo i conti a posto e risultando allo stesso tempo agilmente gestibile». Alberti propone quindi un’attenta verifica delle dimensioni massime raggiungibili da aree tecnico-amministrative e cliniche. Ruscitti, d’altro canto, sottolinea come la volontà di ridisegnare la mappa delle aziende sanitarie venete non sia legata in alcun modo a problemi di bilancio: «I conti della sanità veneta sono a posto. E’ certo che sentiremo anche noi gli effetti della crisi nazionale, ma non voglio parlare di tagli. Si tratterà di ridefinire le aziende a seconda della loro capacità di dare risposte. Per ora ridisegneremo l’ambito amministrativo». Il segretario tuttavia sottolinea i vantaggi dell’attuale suddivisione: «La capillarità delle 22 Usl venete permette ad esempio un contatto diretto con la conferenza dei sindaci. Questo si traduce nella possibilità dei singoli dg di comprendere a fondo le istanze degli utenti. Cercheremo di garantire questo particolare approccio assistenziale nell’ottica della rinegoziazione». Ecco il nodo da sciogliere: ridimensionare riuscendo a mantenere vive le due anime delle aziende sanitarie venete: da un lato quella strettamente medico-assistenziale, dall’altro quella sociale. L’obiettivo è riorganizzare i servizi mantenendo alti gli standard qualitativi, contenendo le risorse.
di Fabiana Pesci