Oltre 3,2 miliardi di euro. Sarebbero questi i tagli nel medio e breve termine su Asl e ospedali che il supercommissario Enrico Bondi avrebbe previsto dall’applicazione dei costi standard per l’acquisto di beni e servizi non sanitari, tra cui luce e telefono, lavanderia, smaltimento rifiuti, mensa, carburante, trasporto e così via. I dati sono stati anticipati dal Sole 24 Ore Sanità e hanno già destato la reazione delle Regioni, soprattutto quelle del Centro-Nord, molto colpite. I costi sono stati valutati sulla base di parametri unitari: per le Asl il bacino di popolazione di riferimento e per gli ospedali le dimissioni. Per le prime il risparmio è stimato in 1,1 miliardi, pari al 31% dei costi attuali, mentre ammontano a 1,3 miliardi quelli per gli ospedali-azienda e Irccs. Con ricadute sulle regioni molto diverse: complessivamente la fetta più grande è attesa dal Lazio (580 milioni), ma nel suo insieme il Centro-Nord dovrà ridurre le spese per oltre 2,2 miliardi: 496 milioni dalla Lombardia, 445 dal Veneto, 227 dall’Emilia fino ai 191 dalla Toscana. A essere più colpita al Sud è la Campania (196 milioni), mentre per le altre Regioni l’impatto previsto è più leggero, con l’eccezione della Sardegna che deve recuperare 140 milioni. Immediata si è levata la protesta delle regioni, in particolare quelle del centro-nord, che contestano la metodologia: intanto i tagli dovrebbero emergere da un’analisi più dettagliata fatta su ogni regione. E poi dallo schema non sarebbero stati considerati i modelli di organizzazione locale, trattando allo stesso modo chi ha esternalizzato la maggior parte dei servizi o chi per esempio ha accentrato tutti i costi sotto un’unica Asl. Ma a non andare giù è anche la riparametrazione delle spese sulle dimissioni per gli ospedali: come a dire, denunciano le regioni, che si premia chi fa più ricoveri, anche inappropriati e inutili. Fonte: Doctornews