Illegittimo l’aumento, la regione rispetti la necessaria fase partecipativa

Nov 6, 2013

Ricorso n. 1672/09 —  Il Tar per il Lazio, Sez. III quater, con sentenza n. 9253/2013 depositata il 29.10.2013, ha accolto il ricorso presentato dall’Ufficio legale del Simet, per l’annullamento del Decreto del Presidente della Regione Lazio in qualità di Commissario ad acta n. 40 del 14.11.2008. Con tale decisione è stato accertato che l’incremento del 10% della tariffa delle prestazioni libero professionali intra moenia, non trova giustificazione in una corrispondente percentuale dei costi non coperti; ed è stato altresì affermato che la tesi sostenuta nel corso del giudizio dalla Regione Lazio, secondo cui le maggiori entrate imposte con l’aumento tariffario del 10% servono anche a coprire il deficit sanitario della Regione costituisce “non solo un’ammissibile integrazione postuma del provvedimento impugnato, ma è anche “una conferma che tale incremento tariffario non trova completa giustificazione”, in quanto tale incremento “non deve essere utilizzato per fare fronte agli innegabili disavanzi in cui versa la sanità laziale”. Tale sentenza fa seguito alla precedente sentenza istruttoria n. 3755/2013 con cui il medesimo Tar, preso atto della legittimazione processuale dei ricorrenti sindacati, aveva ordinato alla Regione Lazio di depositare la prova dell’effettivo aumento dei costi sostenuti dalle aziende in relazione alla attività intra muraria, e la prova delle informative che la regione asseriva di aver reso alle organizzazioni sindacali in ordine all’intenzione di incrementare al 10% la tariffa a carico dell’utente del servizio. Il nostro Avvocato, a seguito del carattere lacunoso della documentazione depositata da parte della Regione, aveva quindi evidenziato nelle proprie memorie difensive depositate ai fini della sentenza finale, l’inammissibilità di integrazione postuma della motivazione, l’assenza di concertazione della tariffa con le organizzazioni sindacali rappresentative della categoria, la reale destinazione dell’incremento tariffario del 10% a ripianare i disavanzi della Sanità laziale, la mancanza dello svolgimento di una effettiva istruttoria attestante l’inidoneità della tariffa alla copertura dei costi, prima dell’adozione del provvedimento e la violazione dell’art. 20 della delibera della Giunta regionale n. 342 dell’ 8.562008. La sentenza depositata a conclusione del giudizio ha dunque accolto le suddette tesi, affermando che la trattenuta aziendale complessiva sui compensi non può essere superiore al 2,5% della tariffa lorda; che l’incremento della tariffa nella misura del 10% è “legittimo ove sia stato dimostrato dalla regione che effettivamente lo scarto tra quanto entra nelle casse pubbliche con la trattenuta sui compensi per tali attività intramurarie e i costi che l’Azienda deve affrontare per fare svolgere dette attività presso i propri locali è pari al 10%; ma che dalla documentazione prodotta dalla Regione il divario tra costi e ricavi non gisutificava la maggiorazione tariffaria del 10% imposta, e che “l’individuazione, da parte del Commissario ad Acta, della percentuale di aumento della tariffa non può e non deve basarsi su presunzioni, ma su un’analitica istruttoria fondata su dati obiettivi”. La motivazione ha pertanto ribadito la necessità che il Commissario ad Acta, verifichi per il futuro che le aziende sanitarie rispettino la necessaria fase partecipativa, trasmettendo i dati idonei a giustificare l’ incremento delle tariffe. Il Decreto n. 40 del 14/11/2008 è stato pertanto annullato con tutte le conseguenze del caso, anche a favore dei cittadini utenti; la sentenza ha tuttavia compensato” le spese del giudizio, per la “ complessità della vicenda contenziosa”.  Sentenza