L’estate calda dei medici, accusati di malpractice

Set 20, 2010

E’ di oggi una notizia di un’altre lite tra due medici, all’ospedale di Messina, che avrebbe provocato lesioni a un nascituro. Il diverbio, secondo i genitori del neonato, che una settimana fa hanno presentato una denuncia ai carabinieri, sarebbe sorto per decidere se procedere con un cesareo o parto naturale. 
Cesarei nell’occhio del ciclone, liti tra medici, trasfusioni sbagliate, disservizi, indagini e sospetti. Da Messina a Matera,da Roma a Torino,l’estate buia della sanità ha riacceso i riflettori su una questione sempre "calda": la sicurezza negli ospedali e la responsabilità dei professionisti. Oscurando così milioni di prestazioni erogate ai cittadini dal SSN, che vede scendere nel 2009 i ricoveri (-6,4% degli ospedali pubblici contro un aumento dei ricoveri nelle struttura private accreditate del 13,5%), secondo i dati pubblicati dal Ministero della Salute. Al di là degli errori eclatanti, e in assenza di dati puntuali e ufficiali sulla cosiddetta malpractice, l’unica evidenza di cui si dispone è che negli ultimi anni la conflittualità tra medici e pazienti aumentata.Secondo l’ultima rilevazione dell’Ania, l’associazione nazionale delle imprese di assicurazioni, tra il 1994 e il 2008 il numero di sinistri denunciati alle compagnie per le due coperture di area medica (responsabilità civile delle strutture sanitarie e responsabilità civile dei medici) è più che triplicato (da 9.567 a 29.597). Crescono le denunce nei confronti di Asl e ospedali mentre hanno finalmente frenato quelle nei confronti dei singoli professionisti. Eppure sono proprio i medici a subire i contraccolpi più pesanti. Sia in termini di costo dei premi assicurativi sia a livello di immagine. L’Amami (l’Associazione per i medici accusati ingiustamente di malpractice) stima che l’80% dei chirurghi, nel corso della carriera, è raggiunto da un avviso di garanzia o da una richiesta di risarcimento danni. Ma stima anche che l’80%dei processi si risolve con l’assoluzione, soprattutto in sede penale. Le aree specialistiche più a rischio denuncia sono sette, come si evince dal rapporto Pit Salute 2009 del Tribunale dei diritti del malato: ortopedia (17,5%), oncologia (13,9%), ginecologia e ostetricia ( 7,7%), chirurgia generale e oculistica (5,4%), odontoiatria (5,2%), emergenza e pronto soccorso (2,8%). La reazione dei camici bianchi è ovviamente quella della medicina difensiva, in barba all’appropriatezza dei costi. Anche l’eccessivo ricorso al cesareo dipende, secondo la Società italiana di ginecologia (Sigo), proprio da questo. Uno studio condotto lo scorso anno dalla Sigo in oltre 200 centri ha messo in evidenza come il ricorso al bisturi sia dettato nel 59% da «ragioni organizzative» e soltanto nel 32% da motivazioni cliniche. Chiarisce il presidente Sigo, Giorgio Vittori: «Per nove ginecologi su dieci è la paura di complicazioni medico-legali la prima causa del taglio cesareo in Italia».